Alla voce “Crescia pasquale marchigiana” a casa mia si aprono i volumi di storiografia culinaria ;-)
Anzi, già alla voce “crescia” tocca iniziare a mettere i puntini sulle i, poi quando si entra nell’ambito Pasquale le cose si cominciano ad articolare…
Allora: qui da noi la parola crescia indica alcuni tipi di focaccia diffusi nelle regioni Marche e Umbria, simile per alcuni ingredienti, per struttura e per origine alla piadina romagnola, entrambe sembra derivate dal pane in uso presso l’esercito bizantino, di stanza per secoli in Romagna, nel nord delle Marche, e nella Valle Umbra attraversata dalla via Flaminia.
La crescia sfogliata di Urbino (o crostolo) è quella che risente maggiormente della vicinanza con Rimini e la sua piadina sfogliata: si prepara con farina, acqua, strutto e sale, pepe e uova, ingredienti questi ultimi due che la differenziano dai cugini riminesi. La cottura, tradizionalmente, avveniva su una lastra di argilla anziché sul famoso testo romagnolo, con il risultato di un sapore più forte, e con le farciture e condimenti che si presentano analoghi a quelli utilizzati in Umbria: salsicce, prosciutto, bietole, lonza, spinaci o formaggio. Tra le varianti c’è il crostolo di Urbania, in cui la farina bianca viene sostituita da quella di granturco.
Nella Zona di Pesaro e Fano la crescia, spesso chiamata “piadina”, non prevede l’uso del lievito, è tirata alta con il mattarello, e contiene un’alta quantità di strutto.
Nella Zona di Ancona la crescia si prepara invece con la stessa pasta del pane, ed è in genere cotta alla griglia, o, in una versione più tradizionale, sotto la brace. Si mangia di solito con erbe di campo, ma la si può accostare anche a salumi come lonza, salame e prosciutto. Ad Offagna (uno dei castelli di Ancona) esiste un’Accademia della Crescia, che organizza le locali Feste medievali. Questo alimento era così importante, in passato, da dare il nome ad una moneta d’uso corrente, il cresciolo.
Nella Zona di Macerata, come nell’anconetano, la crescia si prepara con la pasta del pane, ma assume una consistenza simile a quella della schiacciata toscana. Rotonda, con l’orlo spezzettato e con fossette sulla superficie (che hanno la funzione di trattenere meglio l’olio), si condisce con olio, sale, cipolla o rosmarino. Alcune varianti storiche prevedono l’uso nell’impasto di strutto e ciccioli di maiale (detti anche “grasselli” o “sgriscioli”, e usati anche dalle mie parti, ovvero l’entroterra marchigiano al confine con l’Umbria), e la sostituzione della farina di grano con quella di granoturco (ricordate la crescia marchigiana con farina di granturco, erbe ripassate e burrata di cui avevamo parlato proprio qui sul blog a settembre?).
Nella Zona di Ascoli Piceno, ormai lontano dalla zona di dominazione bizantina, la crescia lascia il posto alla focaccia ripiena, più alta della crescia e riccamente farcita.
In Umbria viene diffusamente chiamata crescia la tradizionale Torta al testo e abbiamo anche qui le Cresciole di ciccioli.
La crescia di Gubbio è una ricetta della tradizione fra le più conosciute e apprezzate: l’impasto si ottiene impastando a mano farina, acqua, sale. Tradizionalmente cotta su testi ovvero dischi di ferro messi direttamente sulla brace del camino, oggi in genere si cuoce su testi di ghisa o padelle antiaderenti direttamente sul fornello. Di solito viene servita con prosciutto, affettati vari, formaggi oppure con salsicce alla brace e spinaci cotte in padella.
Una volta dunque chiarito che in generale la crescia marchigiana è una roba piatta con un aspetto che che va dalla piada o piada sfogliata (senza lievito dunque) nel nord delle Marche, all’impasto a base di pasta di pane che possono essere a vario titolo arricchiti di strutto e grasselli di maiale, e che a volte viene realizzata con farina di polenta (da Ancona in giù), arriviamo subito all’eccezione che conferma la regola, la crescia di Pasqua, o pizza di Pasqua o pizza di formaggio, ovvero una torta salata ALTA tipica del pesarese, dell’anconitano e del maceratese, con un impasto lievitato insaporito da formaggio pecorino. La versione dell’anconetano e del maceratese unisce alla ricetta pesarese grossi pezzi di formaggio, che durante la cottura si gonfiano e lasciano degli alveoli all’interno della crescia; il formaggio che cola all’esterno diventa croccante, e rende particolarmente saporito l’impasto.
La tradizione riconduce l’origine della ricetta al Monastero di Santa Maria Maddalena in Serra de’ Conti (AN) dove si trovano tracce documentali risalenti al 1848 – Il nome “Crescia” è dovuto al forte aumento di volume dell’impasto che grazie alla lievitazione “cresce” appunto anche più di due volte la sua massa originale.
Fin qui, c’è la tradizione codificata, ma io aggiungo una ulteriore derivazione/biforcazione che credo sia tutta anni Ottanta e che infatti è diffusa tra le nostre mamme (marchigiane, o per lo meno marchigiane dell’entroterra), ovvero la stessa “Pizza di formaggio” in una versione “speedy”: niente lievito di birra e lievito “della cartina”.
Nella fattispecie, la ricetta veloce della mia mamma la trovate qui, mentre io quest’anno ho voluto cimentarmi con la versione tradizionalmente alta, lievitata con lievito di birra, e con due protagonisti d’eccezione: la Casciotta di Urbino DOP in pezzi, a formare quelle cavità di formaggio fuso all’interno e le croccantezze quando spunta in superficie, e il Formaggio di Fossa di Sogliano Dop, di cui vi avevo già raccontato, nell’impasto a caratterizzare e dare sapore.
Nel profondo rispetto della tradizione, rigorosamente strutto nell’impasto, e, sempre per essere tradizionalisti, affettati e fave come accompagnamento!
La ricetta fa parte della campagna di valorizzazione di due importanti DOP Marchigiane dal nome “Doppiamente eccellenti” di cui vi avevo già parlato un paio di post fa in occasione delle bruschette al formaggio di Fossa di Sogliano DOP, pere, miele rosmarino e pinoli.
La Casciotta D’Urbino Dop è fatta con 70-80% di latte ovino e 30-20% latte vaccino. Questa percentuale h origini storiche ed è dovuta al fatto che le “vergare”, le donne di casa della provincia di Pesaro-Urbino allevatrici di pecore e mucche, usavano il latte vaccino era usato per le colazioni dei bambini, e il restante veniva mescolato a quello ovino creando il mix di successo di questo cosiddetto “formaggio della vergara”.
A me è sembrato perfetto per la mia versione della crescia pasquale marchigiana. Ora aspetto il vostro Parere. Ed ora cominciamo a pensare alla Pasqua <3
Crescia pasquale marchigiana con Casciotta di Urbino DOP
Ingredienti per 1 stampo da 1 chilo (6-8 persone)
250 di farina tipo 00
250 g di farina tipo Manitoba + 25 g
25 g di lievito di birra fresco
110 g di strutto
4 uova medio/piccole o 3 grandi
150 ml di latte fresco intero appena tiepido
250 g di Casciotta di Urbino Dop
150 g di Formaggio di Fossa di Sogliano Dop
1 cucchiaio di miele millefiori o di girasole
5 g di sale
1 presa abbondante di pepe
Mescolate le farine tra loro (tenete da parte gli ultimi 25 g di farina di Manitoba). Fate un buco al centro e aggiungete metà del latte appena tiepido e il lievito di birra sbriciolato. Mescolate con un cucchiaino e lasciate agire un paio di minuti.
Iniziate ad impastare aggiungendo il miele e il resto del latte tiepido. Unite le uova una alla volta aspettando che l’impasto le assorba.
Continuate ad impastare ed unite il Formaggio di Fossa di Sogliano Dop grattugiato e il pepe (impastate ancora almeno altri 10 minuti con la planetaria e il gancio a uncino, qualche minuto in più se a mano).
Unite il sale e proseguite per altri 5 minuti. Unite a poco a poco lo strutto e impastate, fino a che non sarà completamente assorbito, aggiungendo se necessario i restanti 25 g di farina tipo manitoba e fino ad ottenere un impasto molto morbido, omogeneo ed incordato.
Fate lievitare in ciotola o sul piano di lavoro coperto per 45 minuti – un’ora o fino al raddoppio del volume.
Riprendete l’impasto, unite la Casciotta di Urbino Dop tagliata grossolanamente al coltello o in cubetti da un cm di diametro e impastate delicatamente fino ad amalgamarli.
Date delle pieghe all’impasto sulla spianatoia appena spolverata di farina (ancora meglio senza la farina, che può provocare in fase di lievitazione e cottura delle cavità al centro della torta), formate una palla ben chiusa e trasferitela in un pierottino di carta o in uno stampo da panettone da un chilo (nelle Marche tradizionalmente si usano stampi in alluminio imburrati o unti e infarinati).
Lasciate lievitare fino al raddoppio, per un paio di ore (non dovrà in ogni caso superare di più di un paio di cm il bordo dello stampo) e lasciate cuocere nel forno già caldo (statico), nella parte più bassa a 190 °C per 60-70 minuti. In alcuni casi anche fino a 80-90 minuti (non fatevi ingannare dal bel colore dorato della calotta e copritela dopo 30 minuti di cottura con un foglio di alluminio, abbassando la temperatura a 180 °C).
La pizza sarà ben cotta quando “bussando” la base con le nocche della mano suonerà a vuoto.
Fate freddare completamente e servite con affettati e fave fresche.
Emanuela Lupi
Eccomi, che fremo sulla sedia e leggo tutto d’un fiato …. Che roba bella!
In casa Manù con il termine ‘crescia’ si intende proprio questa qui, mentre l’altra (la sfogliata piatta) è il ‘crostolo’.. Questa qui con il formaggio è la ‘crescia brusca’, mentre la ‘crescia dolcia’ è uguale nel formato, ma ha l’uvetta all’interno dell’impasto (ed è più tipica del periodo natalizio… credo).
Nonna Gina non sapeva farla tanto bene la crescia brusca (perché da piccola il suo compito era proprio andare a ‘pascolare le pecore’, quindi non ha imparato tutte le varie ricette, come le sue sorelle più piccole che invece rimanevano a casa per imparare i ‘mestieri’) e infatti se la faceva sempre preparare da sua sorella (la zia Netta).
Mi hai fatta emozionare tanto con questa ricetta e queste digressioni regionali, grazie! <3
Non potevano scegliere ''ambasciatrice'' migliore….
Ti voglio bene.
Manù.
Sono così emozionata che non riesco a scrivere…
Buona serata.
Rossella
Ehi Manù…. eccomi… però ti ho letta subito e mi sono emozionata anche io a leggere i tuoi racconti… sembra un secolo fa… tu pensa una bambina che usciva con le pecore.. erano davvero molto più “robusti” (e meno “fregnoni”, se pò di’??? 😜) di noi i nostri antenati… Tutta la mia stima, e che tenerezza il fatto che non avesse potuto imparare le ricette come le altre sorelle… ❤️❤️❤️
Emanuela Lupi
Si può dire, si può dire… tutta un’altra scorza!
Già! Nonna tutto quello che sapeva fare(tipo la pasta fresca, ripiena e non, la pizza.. ecc..) lo ha imparato da grande e da sola e soprattutto quando siamo nati noi tre fratelli… perché mia mamma mi ha sempre raccontato che la nonna, da mamma, non cucinava molto perché lavorava (soprattutto quando erano a Milano e mia mamma già da piccolissima andava al nido) e quindi a casa loro vigeva la regola del ”chi arriva per primo mette su l’acqua per la pasta” e molto spesso era nonno a spadellare
Alla nascita di noi tre nipoti, nonna ha continuato a lavorare, ma meno (faceva solamente qualche ora a casa di un dottore) e il resto del tempo faceva la nonna (anche perché tre nipoti direi che è un super lavoro) e quindi ha iniziato a dar sfogo alla manualità in cucina…
Però era bello anche lo scambio delle pietanze tra le sorelle (soprattutto con la sorella Anna, Netta per tutti) … a me è sempre piaciuta questa cosa che la nonna non faceva la crescia perché la zia Netta ne faceva una anche per lei…non solo! preparava anche un dolce con le nocciole (buonissimo Rossi tremendamente buono…una BOMBA!) e quando lo aveva fatto telefonava e diceva : “Gina, ho fatto la torta agli avellani per Enrico (mio fratello)” perché sapeva che a lui piaceva da matti…
La zia Netta era una meraviglia… aveva un cuore enorme e con nonna erano legatissime (adesso sono insieme e secondo me se la ridono alla grande!).
Ti abbraccio fortizzimo.
Manù.
ps: sto cercando un dolcino al cucchiaio o una crostatina un po’ diversa per Domenica..
rossella
Che storie fantastiche manù! Mi sembra di vederle, e anche a me sai piace questa cosa che zia Netta facesse ogni volta la torta per la sorella… oddio sai che sto in fissa con le nocciole proprio questo periodo? Nocciole e crema di nocciole!
Invece il dessert? Di che genere?
Emanuela Lupi
Buongiorno Cuore mio!
Allora per quanto riguarda il dolce con gli avellani, io credo (dovrei chiedere alla figlia della zia Netta) che fosse una ”semplice” frolla con dentro gli avellani interi tostati ma non spellati, o crudi (che si tostavano in cottura, dato che lei aveva due alberi di avellani in giardino e una volta raccolti e sgusciati, non credo li tostasse…), perché la pelle ce l’avevano… ma era una bomba, perché lei di nocciole ne metteva tantissimeeeee!! Ovviamente quando le andavi a chiedere come faceva, la risposta era molto semplice: ”ah, ma questo è facile, non ci vuol niente.. farina, zucchero, burro uova e avellani (o noci in mancanza dei primi, ma con le nocciole è tutta un’altra cosa)” Ecco… ora fai un po’ tu.. La cosa figa di sto dolce è che lo si rompeva con le mani e quindi potevi farti un pezzo gigante quanto volevi; l’impasto infatti veniva steso nella teglia e poi cotto e una volta freddo rotto a casaccio… proprio come piace a me!
Per il dolcino sono indecisa, ma mi sa che faccio o questa…
https://rossellavenezia.com/2015/02/amore-grano-saraceno-e-cioccolato.html (senza kasha che sennò mio babbo scassa, ma magari ci metto qualche granella) perché mi ispira tanto…
oppure lei…
https://rossellavenezia.com/2017/07/frolla-di-farro-al-burro-chiarificato.html sostituendo i fichi con le fragole…
Altrimenti al cucchiaio non so.. non sono molto brava e ferrata in creme, panne cotte, budini et similia… (anche se nel libro free c’è un dessert con la ricotta e le pere mi sa.. al cucchiaio… tocca che sbircio anche lì..).
Ah! per le nocciole magari ti passo il nome di due aziendine se ti va!
Baci!
M.
Emanuela Lupi
Ah.. ecco che torno!
Sai che prodotto tipico c’è anche ? il PA(N)nOCIATO, un piccolo panino rotondo, ripieno al centro di pezzetti di pecorino e noci spezzettate, fatto con un impasto a base di uova, farina, lievito di birra pecorino grattugiato e spezie quali pepe e noce moscata… una sorta di mini crescia rotonda… una bomba buonissima!
Lo conosci tu il pa(n)nociato?
Buonanotte Rossi…
se mi vengono in mentre altre robine torno!
<3.
Manù.
Rossella
Manùùù ma cosa mi fai venire in mente?! Il Pan Nociato! Lo conosco solo di fama! Mi viene voglia di farlo, sai io quanto sia innamorata dei pani alle noci!
Ma tu hai una ricetta “di casa” da passarmi sottobanco? Scatta la ricerca qui! ;)
Emanuela Lupi
Aaaaaaaaahhh Rossi cuore miooooo!!!!
In realtà ”di casa” no, perché lo faccio su dalle ragazze al forno (anche se in questo momento non sto andando)… quindi … per quanto riguarda le dosi, nun te posso aiutà , perché non sono io l’addetta all’impasto e perrché cambiano sempre di volta in volta… però posso darti la lista degli ingredienti ed il procedimento (anche se quello lo saprai da te…). Io mi impegno solamente a prendere i pezzetti, schiacciarli, allargandoli, nella mano, inserire all’interno pecorino e noci (evitando di mangiarli) e richiuderli ”pirlandoli” (parolone.. io li giro un po’ maldestramente sul tavolo) per dar loro la forma rotonda.
Però.. mi attivo per cercare di carpirla…
<3.
rossella
Siiii manù magari!
Poi tu sai come faccio, ne leggo mille e alla fine posto la milleunesima risultato delle mille messe insieme cercando di essere il più fedele possibile alla tradizione (di cucina marchigiana ho tre libri ma la decodifica non è sempre lineare, quindi sempre meglio incrociare più fonti! 😍)
Emanuela Lupi
Sì che lo so come fai tu!
A dire la verità l’impasto non si discosta molto da quello che hai fatto tu qui … farina, uova, lievito latte (lui devo controllare, ma credo di si) pepe (e anche noce moscata) e formaggio grattuggiato e poi un grasso, che su al forno è olio (ma per motivi più legati alla vendita (credo) che alla tradizione)… si fa lievitare l’impasto e poi si tagliano piccoli pezzetti (noi su li facciamo da ca 60g), si schiacciano un po’ tra le mani e si allargano perché al centro vanno messi dei pezzetti di pecorino fresco e qualche gheriglio di noce tritato, si chiudono e si girano per dar loro una forma tondeggiante; li si mettono su una teglia e si fanno lievitare fino al raddoppio.. quindi si cuociono nel forno statico a tipo 180 un 10-15-20 minuti.. dipende dal forno, ma fino a doratura…
Però, siccome mi sembro mia zia Netta così con le dosi a caso, vedo se trovo qualcosa di più lineare.. Però se intanto vuoi provare, secondo me la ricetta di questa crescia può essere un buon punto di partenza…
M. <3.
LaRicciaInCucina
Mio Dio, un vero mondo!!!
Bellissimo questo post in cui fai chiarezza ed esponi tutte le varie declinazioni di questo impasto.
Ero già adorante davanti a tutti i tipi di crescia e quando hai aperto il capitolo “Crescia di Pasqua” mi hai steso, letteralmente. Dev’essere di una goduria pazzesca. E la Casciotta di Urbino DOP? La amo già così, sulla fiducia!!
Tanti cari auguri di buona Pasqua.
Rossella
Ahahah, Giovanna, sì, in effetti è una specie di climax col colpo di grazia finale 😜
Ora provo a venire da te e lasciarti un commentino, chissà se oggi blogger “mi fa passare” ;-P
(provala, la Casciotta, è davvero buona, è una di quelle cose che ti fa un po’ essere orgogliosa di essere marchigiana! ;))
Rossella
MANUUUUU:
Sti ggg il blog è strano! Stamattina mi ha fatto moderare uno dei tuoi commenti ma la cosa più assurda è che ieri sera ho dovuto moderarne UNO MIO! 😅🤣
Allora, intanto la torta con gli avellani secondo le é proprio il mio genere!
Possibile che come consistenza sia tipo questa?
https://rossellavenezia.com/2019/10/di-vendemmie-e-merende-allaperto.html
É una sorta di frolla che poi si spezza con le mani…. Poi con le nocciole i tête giusto!
Invece per le tortine al posto della kasha puoi mettere proprio nocciole tostate e tritate grossolanamente al coltello!
Come dessert ti direi la crème brûlée ma non so se hai il cannello, o una crema inglese con la frutta ma quella è un po’ delicata e impazzisce facilmente, a prova di bomba invece la crema pasticciera…. Ah aspe’ a proposito di frolle…
https://rossellavenezia.com/2010/07/frolle.html
Queste a barre con la crea e le fragole secondo me sono buonissime 😍
Quella che mi dici invece con le fragole al posto dei fichi super chic e ho quasi voglia di rifarla anche io in questa versione!
Poi mi era venuta in mente un’altra cosa che ho già dimenticato 🤣🤣🤣
Buona giornata !!!!
Emanuela Lupi
Vediamo se ti rispondo..lui come la prende ahahaha…
Allora la consistenza del dolce zia Netta era croccante.. quindi ci vedrei bene la prima che mi hai messo, perché secondo me la seconda id Donna Hay c’è la maizena e forse diventa troppo friabile… invece quella era proprio croccantissima.. tocca provare a rifarla, magari anche mettendo forse olio anziché burro (perché l’olio crocca di più… oppure mantenendo il burro, usando solo gli albumi, come ho appuntato da un tuo suggerimento…) ..tocca fare delle prove già..
Mentre per il mio dolcino… nun c’ho il cannello e direi di evitare di incendiare casa con qualche rimedio che poi io non so fare.. e la crema che impazzisce direi di no sennò esco matta pure io.. potrei virare sulla pasticcera e la frolla di Donna Hay (che con la maizena è più a portata di padre invece…) come mi suggerisci tu, oppure metto le nocciole tostate e tritate al coltello su quella al cioccolato…
Mo’ vedo… ma la chic burro chiarificato mi intrippa troppo… aaaaaaaaaaaaaaaaaahhhh…
Buona Giornata a te..
ti aggiorno!
Rossella
Nono la seconda non c’entra nulla, era solo un’idea x domenica 😅
Tra l’altro le avevo proprio fatte per mio papà 😍❤️
Quella al burro chiarificato crocchia assai nei miei ricordi, e anzi sempre a proposito di ricordi ecco cosa volevo suggerirti prima ma me l’ero perso per strada: https://rossellavenezia.com/2020/05/lingue-di-procida.html
Che sono poi anche nei temi del momento qui sul blog. Sono facilissimeee! Non so se adatte alla Pasqua, vedi te… 😜