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Gira su’ ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
sull’uscio a rimirartra le rossastre nubi
stormi d’uccelli neri,
com’esuli pensieri,
nel vespero migrar.(San Martino, Giosuè Carducci)
Buongiornoooooo….
Che tipo di risveglio è il vostro quest’oggi?
Qui è arrivato l’autunno, quello vero, ed io guardo dalla finestra, tutta imbacuccata davanti al caffellatte come sono, cercando il coraggio di infilarmi la tuta e correre fuori a correre, appunto, in mezzo alla pioggerellina fine dei giardini pubblici.
Con il mio gatto abbiamo una routine autunno-invernale mentre la caffettiera è sul fuoco: lo prendo in braccio, lo infilo nell’imbacuccamento della mia coperta, e ci spetacchiamo entrambi sulla portafinestra della cucina a guardare che tempo fa. Poi gli apro, lui schizza “all’avventura” sul terrazzo ed io faccio colazione.
Credo di dovere il mio malinconico amore per l’autunno alla mia maestra, quella che mi faceva fare ogni anno l’odiato tema sull’albero (ve ne parlavo qui vi ricordate?), e che degli alberi, delle foglie e dell’alternarsi delle stagioni mi ha insegnato tanto, soprattutto nel sentire.
E mi viene in mente ogni anno, a novembre, questa meravigliosa poesia di Giosuè Carducci imparata alle elementari.
Il mare in tempesta, la nebbia avvolge le colline ma il borgo è in festa, inebriato dal vino dopo la recente vendemmia autunnale.
Una fotografia dell’autunno perfetta. A 9 anni io già sentivo la bruma chiudendo gli occhi.
Ogni anno però la festa di San Martino (cioè oggi, 11 novembre), ricorrenza un po’ cristiana e un po’ pagana, mi sfugge di mano, nonostante io ne subisca un fascino enorme. Dunque ho voluto recuperare, e sono andata a pescare in mezzo alle mille ricette della tradizione rurale che offre lo stivale.
Sì perchè la festa di San Martino era una delle più importanti feste dell’anno, una sorta di capodanno contadino nel corso del quale si mangiava e beveva in abbondanza. Anticamente infatti il periodo di penitenza e digiuno che precede il Natale cominciava il 12 novembre e prendeva il nome di “Quaresima di san Martino”. Inoltre il giorno dell’11 novembre coincideva, con la fine delle celebrazioni del Capodanno dei Celti, il “Samuin”, che si svolgevano proprio nei primi dieci giorni del mese.
A incoraggiare il momento di festa era anche la conclusione delle attività agricole legate all’inizio dell’autunno, oltre al clima più mite che solitamente caratterizza queste giornate (dette anche l’“estate di san Martino”). In questo periodo si finiva il vino vecchio per pulire le botti e lasciarle pronte per la nuova annata, e si iniziava a bere il vino novello.
La protagonista assoluta dei menu dell’11 novembre era l’oca, che nelle case più povere poteva essere sostituita con l’anatra o la gallina, oppure, altro protagonista indiscusso (soprattutto dalle mie parti), insieme alle castagne, il maiale.
Oltre all’oca, nel Veneto per San Martino si mangiano tacchini e fagiani con polenta di grano saraceno, lepri cotte in agrodolce o in saor.
Nel sud le ricette sono invece legate alla spremitura dell’olio nuovo, anch’esso tipico di questo periodo: le frittelle di San Martino in Puglia, e nel ragusano, dei dolci fritti di pasta lievitata.
In questi ormai lunghi pomeriggi di pioggia dunque, al caldo del camino, io ho voglia di mettere mano a ricette semplici, anche povere, e sto impastando tanto: ho voglia di odori tipici di questo periodo come per me quello dei semi di anice, e di ingredienti più del passato che del presente, come lo strutto. La scelta è caduta sui biscotti di San Martino, che hanno riempito la mia casa di un profumo di forno a me tanto caro e che mi fa pensare tanto all’autunno: l’anice dei miei adorati biscotti di mosto marchigiani.
In realtà è una ricetta piuttosto simile: il biscotto di mosto ha ovviamente tra gli ingredienti il mosto e come grasso l’olio d’oliva, i biscotti di San Martino invece lo strutto, per entrambi relativamente poco zucchero e niente uova. Sono biscotti morbidi della tradizione rurale e entrambi festeggiano un prodotto dell’autunno: vino e olio.
Una farina perfetta per questo tipo di lievitati non può essere che lei, una farina non raffinata come la 0 o la 00, e decorticata a pietra, qualcosa di quanto di più simile, nella mia testa, ad una farina di tutti i giorni in una casa di tanto tempo fa.
Poi lo sapevate che proprio nei giorni 11 e 12 novembre del 1628 a Milano ci sono stati i famosi “tumulti di S. Martino”, ovvero l’assalto al forno “delle Grucce” descritto da Alessandro Manzoni nel capitolo XII de I Promessi Sposi?
Questo San Martino mi ricorda quanto sono fortunata ad avare questa farina (in quantità e qualità) a disposizione, e ad esserne grata per ogni singolo grammo.
Grazie anche a Grandi Molini Italiani per avermi scelta, ormai da due anni, come testimonial dei propri prodotti. E’, ormai tutti lo sanno, il mio ingrediente preferito, da sempre <3
I biscotti di San Martino sono una ricetta della tradizione Siciliana: ne esiste una versione più croccante e due versioni più morbide perchè cotte in un’unica infornata leggermente più breve: il sammartinello rasco e il sammartinello decorato.
Il sammartinello rasco è tagliato orizzontalmente a 2/3 della sua altezza in modo da creare una piccola cavità che viene bagnata con moscato e farcita con un fiocco di crema di ricotta (quello che vi sto proponendo io a seguire).
Il sammartinello decorato è farcito con conserva di cedro o zuccata ed è interamente coperto con una glassa di zucchero che, a sua volta, è riccamente decorata con ghirigori, perline di zucchero e presenta, sulla sommità, un confettino, un fiore di pasta reale o un cioccolatino incartato.
Biscotti di San Martino (o panini Raschi) – Ricetta Siciliana
Ingredienti per circa 32 panini
250 g di farina tipo 1 decorticata a pietra Grandi Molini Italiani
250 g di farina tipo Manitoba decorticata a pietra Grandi Molini italiani
100 g di strutto
150 g di zucchero semolato
250 g di lievito madre maturo (anche 300 se non è molto forte), oppure 30 g di lievito di birra
17 g di semi di anice
una presa di sale
280 g di acqua a temperatura ambiente
un paio di cucchiai di farina (tipo 1 o Manitoba)
Per la farcia
Ricotta vaccina freschissima
Moscato
Zucchero a velo
Sciogliete il lievito in metà dell’acqua e usatelo per intridere le farine. Lavorate aggiungendo il resto dell’acqua, quindi lo zucchero, il sale e i semi di anice. Unite lo strutto poco alla volta quando l’impasto si è formato ed è elastico ed omogeneo (o quando è incordato se state lavorando con una planetaria), unendo se occorre i restanti due cucchiai di una delle due farine a scelta. Formate una palla e lasciate riposare coperta in un luogo tiepido in una ciotola leggermente unta per 4-6 ore o fino al raddoppio nel caso utilizziate lievito madre, e circa 1 ora, un’ora e mezza, nel caso utilizziate il lievito di birra.
Tagliate l’impasto in 4 spicchi, e poi ciascun quarto in 8 spicchi sottili, arrotolate ciascuno spicchio in modo da formare dei cilindretti spessi quanto un dito e arrotolate ciascun cilindretto su se stesso in modo da formare una piccola spirale/rosellina di circa 3 cm di diametro da adagiare “in piedi” ben distanziata dalle altre nelle teglie da forno rivestite di carta da forno.
Lasciate lievitare fino al raddoppio per circa 1-2 ore nel caso del lievito madre e circa mezz’ora nel caso del lievito di birra.
Cuocete in forno preriscaldato a 200 °C. Dopo 10 minuti abbassate la temperatura a 160 °C e lasciate cuocere per altri 15-20 minuti.
Una volta sfornati e a tempera ambiente, tagliate la parte superiore dei biscotti di San Martino incidendo il cappello di ciascun panino “a cono”, bagnate entrambe le superfici di taglio con poco moscato e farcite con ricotta lavorata con un paio di cucchiai di Moscato e servite spolverati a piacere con zucchero a velo.
Emanuela
Buongiorno mia meravigliosa Rossi….
Sai che oggi è un po’ la mia festa?
Io sono stata battezzata l’11 di Novembre e, forse per questo motivo, amo queste giornate qui, quest’aria che si respira, questi colori che ti riempiono gli occhi e il cuore, che te lo scaldano in qualche modo… Ieri tornando da Arezzo mi sono guardata attorno e mi sono fatta il pieno di tutte le sfumature di arancio, giallo, senape, marrone, verde scuro che mi circondava… Non c’era un albero con una chioma simile ad un’altra…. Adoravo, da piccola quando la maestra a scuola ci faceva raccogliere le foglie in autunno ed io convincevo nonna a portarmi in campagna da sua sorella per trovare la foglie della vite, bella larga, mi sembrava uno stemma regale… Poi il nonno decise di piantarne una a pergolato in cortile, così oltre a divertirmi nel passarci sotto, avevo tutte le mie foglioline a portata di mano..
Si, è arrivato l’autunno anche qui… grigio, piovigginoso, umido e nebbioso, che sembra il sole non voglia sorgere mai e tu sei in casa con la luce accesa fino mattina inoltrata… Mi piace Novembre però, mi piace il suo raccoglimento, il suo silenzio, la sua calma…
Non conoscevo però tutto quello che ci stava dietro a questo meraviglioso periodo dell’anno: che bello, non si finisce mai di imparare!… Quindi grazie infinite per questa tua super spiegazione, me lo fai amare ancora di più… e che dire di questa ricetta? tra l’altro siciliana? che bel regalo mi hai fatto oggi, in quello che per me è come un secondo compleanno!
Mi hai scaldato il buongiorno…
Buona colazione meraviglia.
ps: anche io raggomitolata con la coperta a guardare fuori… tra poco scendo al mercato (chissà se c’è qualche banchetto?!) …
Ti voglio bene.
Manù.
LaRicciaInCucina
Rileggere quel passo di Carducci ha risvegliato in me dolcissimi ricordi… di me piccina, ancora a Diano Castello, ad aggirarmi per il corridoio di casa ripetendo la poesia per cercare di impararla a memoria. Ovviamente “lo spiedo scoppiettando” era la parte che preferivo perché legata a qualcosa di mangereccio (e tutti i miei ricordi + dolci sono proprio legati alla tavola…può sembrare triste o riduttivo ma è così! -_- Magna’ mi dava gioia!!).
Ma sai che non avevo mai sentito parlare di queste meraviglie di biscotti?!?!?!
Che voglia di assaggiarli!! Sono bellissimi e golosi!
Un grande abbraccio. A presto