Per darvi un’idea di quanto tempo questo luogo, il suo intorno, le sue colazioni e la sua aura abbiano occupato il mio cuore, vi dico che l’ho scoperto per puro caso grazie ad un articolo di D di Repubblica di circa 17 anni fa.
Titolo e sottotitolo recitavano così: “Dove vanno in vacanza gli architetti. Hotel. È una delle mete preferite, tra tanti, di Peter Zumthor e Günter Behnisch. Realizzato nel ’30, fu chiamato il Tempio del sole. Luminoso, spartano. E, fino ad ora, intatto“, e l’articolo era corredato di immagini che colpivano in qualche modo la mia sensibilità visiva, e anche quella gustativa, dato che tra queste c’era una piccola treccia lievitata (beh, per essere 17 anni fa la memoria visiva legata al cibo in effetti funziona bene! ;)); immaginate come questi due elementi abbiano sollecitato l’interesse di me laureanda in architettura e appassionata di cultura dei luoghi e del cibo!
E’ qui che ho scoperto i buchteln (piccole brioche che si servono con crema di latte…. ve li ricordateee? Ne parlavo tanti anni fa proprio qui sul blog!), che ho assaggiato i miei primi canederli (ovviamente tentando di rifare anche loro, primo esperimento qui, e anche in questo caso merito del libro della Kompatscher: La cucina nelle Dolomiti), insomma ecco, questo luogo ha significato per me molto negli anni, come bellezza del territorio e come idea di una montagna abbastanza assoluta, un po’ nostalgica, e lontana da alcuni canoni come gli onnipresenti gerani alle finestre (che per carità io adoro ma che forse sono anche la risposta ad uno scenario che noi come turisti ci immaginiamo di trovare inerpicandoci da quelle parti..). Ecco, io qui non mi sono mai sentita turista, ma sempre un po’ del luogo (anche se mi ritrovo, quando vado, ad essere l’unica che non mastica una parola di tedesco! ;)).
L’Hotel Briol si trova a circa 1300 metri. La bisnonna dell’attuale proprietaria, Johanna, aveva sposato a suo tempo un commerciante di sete e porcellane molto benestante, il signor Settari. Era circa il 1880, e Johanna, ad ogni nascita di figlio, anziché un gioiello si faceva regalare un pezzo di montagna. Ebbe 15 figli, di cui 14 femmine. E costruì una casa per ciascuna figlia, con un pezzo di terreno intorno. Con tre regole da rispettare: nessuno steccato, non vendere mai a terzi ma solo a qualcuno di famiglia, mantenere tutto intatto, nel rispetto della natura. In questa montagna edificarono due architetti interessanti. Lois Welzenbacher (1889-1955), molto noto soprattutto nei Paesi della Mitteleuropa. E Hubert Lanzinger, genero di Johanna, artista e pittore, che disegnò la casa per sé e per gli altri (assumendo anche il ruolo di capocantiere), su incarico della suocera. Erano tutte case di villeggiatura estiva, naturalmente, e quando, nel 1928, la famiglia rilevò il rifugio Briol, datato 1898, lo trasformò in un “Tempio del sole”.
Questa una parte della bellissima storia che ho letto nell’articolo citato all’inizio e di cui trovate l’intero qui, e questi sono anche i motivi che mi hanno spinto a visitarla la prima volta. Il resto, ovvero i motivi che mi hanno spinta a tornarci, li ha fatti il luogo, irraggiungibile se non a piedi o attraverso un taxi “di montagna”, diciamo, e il suo essere austero ed accogliente al tempo stesso, rigoroso nelle linee come nel suo perfetto inserimento nella natura, e, ovviamente, uno dei rari casi di architettura razionalista di montagna (lo vedete il tetto “piano”??).
Aspettatevi un posto straordinario, e per straordinario intendo fuori dall’ordinario: bagni in comune al piano (pulitissimi e nuovissimi), scelta dal mio punto di vista assolutamente condivisibile se si vuole mantenere intatta la struttura originaria della casa, cena con menù fisso alle ore 19.00, niente chiavi alle porte che però si possono chiudere con un chiavistello solo dall’interno, e scordatevi la tv, in camera o altrove. Se vi piace il genere, questo posto è una specie di paradiso. Io la montagna l’ho conosciuta così e questo è per me l’unico modo in cui riesco ad immaginarmela..
Dopo qualche anno che non andavo, ci sono tornata a settembre, è stato bellissimo come sempre, e come ogni volta porto con me una piccola scoperta culinaria: quest’anno è stata la volta dell’ Hefezopf o Hefekranz o Striezel viennese, ovvero un pane dolce provenienti da Svizzera, Germania, Austria e Alto Adige e il cui impasto è composto da zucchero, farina, burro, uova e lievito. Sia Hefezopf che Hefekranz sono costituiti da tre o quattro pezzi di pasta intrecciati a forma di treccia, e allora eco la mia versione, una volta rientrata a casa, di questo dolce che ho assaggiato caldo e appena fatto, a fette, in una delle mie recenti colazioni in questo posto magico.
Per preparare l’hefezopf ho scelto la farina tipo 1 decorticata a pietra degli amici di Grandi Molini Italiani, per questo tipo di impasto, ma anche per quello che rappresenta per me, mi sembra perfetta!
Se volete prepararla anche voi, aggiungo che l’Hefezopf è molto semplice da realizzate e rustica, e che incarna perfettamente la mia idea di colazione di montagna, ovvero una bella scorpacciata di cose buone prima di mettersi in cammino al freschetto.
Hefezopf
Ingredienti (ricetta per una treccia grande)
350 g di farina tipo 1 decorticata a pietra Grandi Molini Italiani
150 g di farina tipo Manitoba decorticata a pietra Grandi Molini italiani
250 g di Lievito madre (o un cubetto di lievito di birra)
100 g di zucchero
2 uova grandi o 3 piccole
100 g di burro
la scorza grattugiata di un limone grande non trattato
100 g di uvetta (io non l’ho messa perchè la volevo bionda e non l’ho trovata ma c’era ;))
250 ml di latte fresco intero
Setacciate le farine in una ciotola. Sciogliete il lievito in 3 – 4 cucchiai di latte tiepido (o il lievito madre in 100 g del latte) con un cucchiaino di zucchero, aggiungetelo alla farina e cominciate ad impastare.
Aggiungete lo zucchero e il resto del latte, poco alla volta, e impastate fino a che la farina non lo assorbe bene tutto. Unite poi le uova e la scorza grattugiata del limone, e quando l’impasto è ben incordato, il burro a fiocchetti. Aggiungete ancora un paio di cucchiai di farina se serve e unite l’uvetta se la usate, impastate fino ad ottenere un composto omogeneo e lasciate lievitare fino al raddoppio, circa un’ora per il lievito di birra e fino a 3 per il lievito madre.
Mettete l’impasto sul piano di lavoro e sgonfiatelo leggermente. Dividetelo in tre o quattro ciocche e fatene una treccia. Spennellare con poco latte tiepido e fate riposare a piacere ancora 30 minuti. Cuocete in forno preriscaldato a 200 °C per circa 30 minuti
Note
Mi piacerebbe provare ad usare nell’impasto 1 bicchierino scarso di rum (o la loro buonissima grappa di prugne?), e poi forse anche dei semini di anice?
Il dolce che ho mangiato io era finito con zucchero a velo, ma quando l’ho sfornato mi pareva così bello che non ho voluto aggiungere nulla!
Buona montagna a chi è di zona, buona natura a tutti, buone colazioni lente del weekend a base di Hefezopf!
Emanuela
Buongiorno meraviglia..
Eccomi che arrivo, un pochino infreddolita, anche se oggi l’aria è più mite rispetto ai giorni passati e si intravede un pallido sole…
Tu hai un potere grande: FAR BENE AL CUORE! Questo posto così incantato, fuori dall’ordinario, silenzioso e pacifico, me lo segno.. perché è un posto come piace a me ed incarna anche il MIO concetto di montagna…
Scorro le foto lentamente, su e giù, giù e su e ogni volta mi fermo ad ascoltare la loro voce… Quanto mi piacciono le tue foto d(e)i luoghi Rossi… tanto! E quanto me piace sta treccia pure… Chissà se provo a farla che cosa esce fuori! ahahaha!!!
Grazie per questo regalo davvero…. oggi ci voleva!
Ti voglio bene.
ps: ti scrivo di là perché forse ho trovato una cosa che potrebbe piacerti ed interessarti , a proposito di sudTirol e compagnia…
un bacio grande.
Manù.
Emanuela
Rossi e se oltre ai semini di anice ci mettessi anche il mistrà? eh?! che dici? un cichetìn?!
Così m’è venuto in mente mo’mo’ che son tornata qui per la tipo ventesima volta ahahaha..
Nel frattempo però ho fatto gli scones con la farina d’avena e anche il plumcake cicerchioso! <3
Buon sabato cuore.
un bacione!
Manù.
Elvira Di Federico
Eccomi da te e… buongiorno e buona Domenica e non da ultimo GRAZIE perchè mi hai riportato con in Alto Adige in quel Paradiso terrestre, quei posti io li definisco così. Ho 51 anni e da quando ne avevo 15, grazie ai miei genitori, mi rigenero in questa “terra vera” in estate e più spesso in inverno: adoro tutto e sottolineo tutto dell’Adige. Grazie Rossella e presto ci rivedremo perché tornerò a trovarti con …(?)😊😉 e anche questa treccia🍞 magnifica autentica come è questa terra e la gente che la abita. Grazie😘
Rossella
Eccomiiiiii!
Ragazzeeeee
Come mi piace che questi giorni ci sia tutto ‘sto traffico sul blog! Ma che regali mi fate????
Allora in primis sono davvero contentissima che vi piace il post, e il luogo, e la ricetta (anzi le ricette perchè in questo posto ho scoperto tanto della cucina sudtirolese o almeno ho avuto tanti input rispetto ad un mondo gastronomico che prima non conoscevo).
Per Manù, sììì, infatti ci vedo un bicchierino di qualcosa “di forte” ;-P, solo che come scrivevo in nota forse più la loro grappa di prugne? Oppure, ovviamenteeeee, nella versione nostrana il mistrà ci sta a palla, e a quel punto mi lascerei andare anche all’uvetta scura :D
Reb
Mi piace il mare, lo giuro, in fondo a chi non piace. Ma quando viene il momento di parlare di montagna, il mio cuore batte forte. Camminare su quel sentiero naturale di radici che si abbracciano e si tengono strette, sentire l’odore della pineta, l’ossigeno che circonda ogni cellula per risvegliarla, questo davvero mi fa palpitare.
Sono una ragazza di città, che è nata e cresciuta in una bella, meravigliosa città universitaria, brulicante di anime, di giovani stranieri in cerca di un luogo che desse loro l’adeguata preparazione e ai tempi, l’università di medicina di Craiova era davvero il nostro fiore all’occhiello.
E non so, forse proprio perché sono nata e cresciuta in città che poi i miei luoghi felici sono stati i boschi, le campagne, i monti.
Questo post è una gioia per gli occhi in tutti i modi in cui lo può essere.
rossella
Ehi Reb… ❤️
Più passa il tempo e più ci scriviamo, più scopro affinità incredibili tra noi…
Ecco ti lascio qui un post di qualche anno fa in cui in parte raccontavo della storia di « una bambina di città e l’albero visto dalla finestra » ;)
https://rossellavenezia.com/2015/02/cerano-tutti.html
Avrei voluto risponderti prima ma la fine di ottobre, incredibile, è stata più pressante del mese di ottobre stesso, che quest’anno è stato particolarmente tosto. Ora riposo un po’, mi godo il meraviglioso passaggio tra la fine di un mese che amo e l’inizio di un mese che amo ;)
LaRicciaInCucina
Essendo nata al mare, tornarci mi regala ogni volta un senso di appagamento, di appartenenza.
Ma la montagna è altrettanto meravigliosa! Sia in estate – molto spesso con LoveOfMyLife nel w.e. andiamo a fare delle belle escursioni – quando l’ aria limpida e le distese fiorite regalano pace e soddisfano il bisogno di “cose belle”, sia in inverno quando il panorama, completamente trasformato dalla neve regala un senso di quiete e di ordine che, difficilmente, si riesce a trovare altrove.
Le foto dei paesaggi di questo post sono davvero meravigliose e poi… come un pugno… ecco la foto di quella meravigliosa treccia!
Assolutamente da provare :-).
Un abbraccio e buon we
rossella
Giovanna ciao!
Eccomi finalmente a risponderti !
Io adoro proprio questo: anche andare a passeggiare in una montagna vicino casa e osservare come il suo aspetto cambia con le stagioni… tu cosa stai cucinando di buooono? Quasi quasi vengo a sbirciare sul tuo blog.. a tra poco!!!
Marcello
Buongiorno Rossella, grazie per aver condiviso la ricetta…una domanda…ma 250 grammi di lievito madre non sono troppi per così poca farina?
volendo per fare proprio una “cosina” più dietetica si potrebbe mettere l’uvetta ammollata nel rum nell’impasto poi quando si divide e si fanno le strisce per fare la treccia metterci all’interno della crema pasticciera…no?
Rossella
Ahahhaha, ciao Marcello!
Mi piace molto la tua versione dietetica!
A proposito di lievitati sudtirolesi, e creme, e quantitativi importanti di lievito, mi vengono in mente i Buchteln (che poi, sto vedendo, li avevo lincati anche nel post ;)), ovvero delle briochine alla crema di latte per cui io vado letteralmente pazza!
https://rossellavenezia.com/2012/09/racconti-della-montagna-1-indoor-recipe.html (impiega un po’ a caricare, è una ricetta vecchissimaaaaa)
Qui in realtà in proporzione il lievito madre è un po’ meno (280 su 600 di farina, ma in tal senso è anche meno carica in grassi), mentre ho verificato una ricetta che si può ritenere simile e di “riferiento” a questa treccia qui sul libro ” I dolci delle dolomiti” sempre della citata Kompatscher: in quel caso è una treccia pasquale lievitata, ma le quantità di burro zucchero e farina sono analoghe (leggermente più carico di uova però). Lì lei usa pari quantità di farina e ben 40 g di lievito di birra (possiamo dire un equivalente di 400 g di lievito madre! 😱😱😱).
Io ho trovato la versione che vedi fotografata molto buona come sapore e molto equilibrata, ma secondo me, volendo diminuire, puoi metterne anche 200 o 180 e allungare tranquillamente i tempi di cottura…
Mi fai sapere come va con la crema???? ;)
Grazie mille per il tuo commento e buona serata!
Marcello
Grazie per la risposta Rossella…se metto meno madre allungo un po i tempi di lievitazione…giusto? volevi scrivere così o proprio devo allungare i tempi di cottura?
rossella
Ciao Marcello!
Nnono, lievitazione, hai INTESO bene tu!
(e sono fusa io! Ora vedo se riesco a correggere il commento, ma confermo decisamente l’aumento dei tempi di lievitazione… ;)
Grazie a te per la tua risposta!!