“Fino agli anni ’60 del secolo scorso si potevano assaporare solo capitando per caso in qualche antica locanda sulle montagne del Frignano. Poi il segreto delle crescentine, custodito gelosamente per un millennio tra i caldi focolari dell’Appennino, è rotolato fino a valle e ha dato nuova vita a un piatto antichissimo, divenuto in breve tempo uno dei più amati della cucina modenese. Ma si chiamano crescentine o tigelle? Crescentine, dicono i puristi, perché le tigelle sono i dischi di terracotta che, arroventati tra le braci del camino, consentono all’impasto di crescere e divenire croccante e profumato al punto giusto. Tigelle, ribattono i linguisti, perché da che mondo è mondo le parole mutano, giocano e si scambiano di posto: ecco che il nome della base di cottura diventa il nome del cibo che vi si cuoce sopra. E se su questo tema ancora qualche controversia rimane, nessun dubbio sull’eccellenza di questo piatto semplicemente geniale.”*
Il tutto è iniziato qualche giorno fa, in un raptus che mi ha presa nel pieno del lavoro, di nuovo matto (perchè sempre ai fornelli) e disperatissimo (per il medesimo motivo ;-P), e che mi aveva condotta ad una quelle fasi di velocità di esecuzione e straniamento, che io solo in un modo so di poter curare: impastando acqua e farina. Se poi aggiungi strutto a questi due ingredienti, allora sono davvero nel mio brodo primordiale e non temo più caldo e fatica.
In ogni caso, dato che voi mi conoscete e lato forno sono stranetta forte, cioè tendo ad accenderlo sempre e comunque, questa volta sono stata brava e ho pensato che vi sarebbe stata utile una ricettuzza di quelle che io chiamo “pane da fornello”, un po’ come le piadine integrali dell’anno scorso (o gli English muffin di questa primavera, o anche il chapati di due anni fa)!
Se invece siete irriducibili del forno e cercate una ricetta estiva estiva-estiva (che diventa immancabilmente la mia fissa culinaria da questo periodo dell’anno fino a settembre inoltrato, vi consiglio di fiondavi sulle adorate friselle integrali, che se poi mi viene il ghiribizzo quest’anno sforno anche di semola di grano duro, che è sempre meglio far fuori un po’ di farine prima della partenza… ;)
Le tigelle, come dunque abbiamo capito per metonimia si chiamano assumendo il nome dell’attrezzo per cuocerle, sono in sostanza dei piccoli dischi di pane, delle focaccine tipiche della zona appenninica emiliana, in particolar modo tra Bologna e Modena, dove vengono consumate ripiene di salumi e/o formaggi (o, secondo la tradizione, ancora calde ripiene di Cùnza: un battuto di lardo, rosmarino e aglio).
Il nome poi subisce variazioni non solo in merito all’evoluzione linguistica, ma anche per dislocazione territoriale: a Bologna vengono chiamate tigelle, mentre a Modena vengono chiamate più spesso crescentine o crescente, nome questo che a Bologna sta ad indicare un altro tipo di focaccia, la crescentina (o gnocco fritto), più soffice e fritta.
L’apparente confusione verrà superata cucinando, ed è per questo che mi appresto a fornirvi ricetta di quelle che ormai per noi gente pop sono chiamate tigelle, mentre un pensiero stupendo ora mi sta illuminando rispetto ad una prossima eventuale preparazione qui, sui nostri schermi. Magari fritta chi lo sa ;).
La farina che io non posso fare a meno di associare alle ricette di pane della tradizione italiana ( vi ricordate? ne avevamo parlato anche qui per i panini di San Martino!) è decisamente la farina tipo 1 decorticata a pietra, non troppo forte, non troppo raffinata, e quanto di più simile a quello che immagino fosse una farina di allora per queste preparazioni.
Vi lascio dunque la ricetta e una mia nota personale, legata al fatto che fino ad ora non avevo mai provato le tigelle per presunta mancanza di tigelliera (moderna): insomma, la sensazionale scoperta è che si possono fare benissimo anche con una padella pesante (io ormai uso la mia fedele Lodge o sue padelle-sorelle sostitutive).
Nella ricetta trovate le istruzioni. Quanto a me, sto meditando l’acquisto dei dischi originali di terracotta per cuocerle “all’antica” davanti al caminetto: qualche emiliano tra i lettori e gli avventori sa darmi una dritta in merito? ;)
Ora me la pianto con le parole e passiamo ai fatti!
Ingredienti per circa 28 tigelle
300 g di farina tipo 1 decorticata a pietra Grandi Molini Italiani
200 g di farina 00 decorticata a pietra Grandi Molini Italiani
200 g di lievito madre o 18 g di lievito di birra fresco
300 g di acqua a temperatura ambiente o leggermente tiepida
60 g di strutto
8 g di sale
Preparazione
Disponete in una ciotola le farine e sciogliete il lievito madre nell’acqua (oppure sbriciolate il lievito di birra in 100 g di acqua), aggiungete i liquidi (lievito sciolto in acqua più restante acqua nel caso del lievito di birra) e iniziate a mescolare, poi impastare.
Quando l’impasto comincia a stare insieme ed essere omogeneo ed elastico, aggiungete lo strutto e il sale e continuate energicamente fino a ottenere un impasto morbido e che non si attacca (se necessario, aggiungete un’altra spolverata di farina tipo 1).
Formate una palla e trasferitela in una ciotola leggermente unta.
Sigillatela con pellicola per alimenti e lasciate lievitare per circa 4 ore (un’ora un’ora e mezza nel caso del lievito di birra) o comunque fino al raddoppio in un luogo leggermente tiepido o al riparo dalle correnti (ideale in forno spento con luce accesa).
Trascorso il tempo necessario, rompete l’impasto e spolverate di farina il piano di lavoro.
Stendete l’impasto con un matterello fino a uno spessore di 6-7 mm e ricavatene con un coppapasta dei dischi di 8 cm circa.
Impastate nuovamente quello che avanza e proseguite a formare dei dischi di pasta fino ad esaurire l’impasto.
Se avete la piastra tigelliera, una volta calda cuocete le tigelle negli appositi cerchi.
Se invece non l’avete, utilizzate una padella larga o una piastra liscia antiaderente o meglio ancora una padella in ghisa girando le tigelle e schiacciandole leggermente con una paletta, per 4-5 minuti di cottura (potete all’occorrenza anche creare un peso con una seconda padella in ghisa più piccola e già scaldata a parte, frapponendo tra le tigelle e la seconda padella in foglio di carta da forno).
Servitele appena tiepide o a temperatura ambiente, aprendole a metà con le mani, e farcendo con prosciutto crudo, oppure grana e aceto balsamico di Modena, oppure volendo una buona crema di nocciole e cacao.
Accompagnate le tigelle a piacere con olive, pomodorini e giardiniera e buon aperitivo o cena d’estate!
buon week-end a tutti!
r.
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*Tratto dalla quarta di copertina di questo libro (che ho appena scoperto e sto meditando di comprare ;)), ovvero una una raccolta di storie e pietanze di più di sessanta locali di Modena e provincia che somministrano crescentine (o tigelle ;)) di sicura qualità, nel rispetto della tradizione e della genuinità degli ingredienti.
Emanuela
Sono in erboristeria, entro in casa tua e vedo ste cose… Cioè! Ma daaaaiiiii che roba buonerrimaaaaa!!!
Mi piacciono tantissimo, sono carinissime e comunque anche qui su questi schermi il forno va che è una meraviglia (punto all’ultima galette della Mari sto fine settimana con pomodori e melanzane)
Grazie meraviglia mia…
Ti mando un abbraccio appiccicoso da qui..
Manù.
Ah le foto passo passo.. ❤️